LinkedIn e gli studenti: lezioni di business networking – fase 2, l’incontro


Il 29 maggio si è svolta la seconda fase del seminario “Trovare lavoro, creare opportunità e gestire relazioni con i Business Social Network. Come?” . Qui i dettagli della giornata.

“Pillole” di Positioning a MarcheIn


Lo scorso 27 maggio ho tenuto all’ “AperitivoIn” organizzato a fermo dal club MarcheIn una “pillola formativa” dal titolo “La ricerca della giusta posizione per affrontare i mercati che cambiano”.
Le slide dell’incontro qui.
Alcuni approfondimenti sull’argomento dal sito http://www.brandequity.it qui

Marche-IN raccoglie imprenditori, manager, professionisti di tutti i settori e tutti i mercati che vogliono accrescere la propria rete di relazioni nel territorio. Nasce per favorire lo sviluppo del business e quindi del territorio nella Regione Marche, e si è data la mission di

  • Stimolare la produzione di nuove idee ed occasioni di business e la creazione di squadre che le mettano in pratica
  • Creare occasioni di riflessione e dibattito sia formali che informali su temi inerenti al mondo degli affari e del lavoro, mediante l’organizzazione di aperitivi, cene, convegni seminari e corsi
  • Promuovere all’interno della società una visione positiva del mondo degli affari

La classifica Interbrand 2010


Nei giorni scorsi Interbrand ha pubblicato la classifica annuale delle marche globali ( il rapporto si può scaricare qui)): al di là della curiosità che l’evento provoca nel lettore ”generico”, che significato ha, nel pratico, questa lista? È interessante vedere come l’evento sia ugualmente importante per il consumatore come per l’utente “professionale”.
Il consumatore scorre  la lista e pensa: “Toh, Coca-Cola è ancora il numero uno, che bello”, oppure “Guarda Google come sale in fretta!”
Ma per  un lettore che faccia parte della “business community” e che magari lavora per la Pepsi, Ford, o IKEA, si  ricavano delle indicazioni interessanti, soprattutto se si leggono con attenzione i report allegati e   si è in grado di interpretare  i trend   dei mercati di riferimento.
Ricordiamo che l a metrica “Intebrand Brand Value”, benché modificata nel 2010, è basata su tre fattori:

  • La redditività dei prodotti di marca
  • L’influenza del brand sulla domanda direttamente sul punto vendita
  • La Fedeltà alla marca

Questi danno la misura di che cosa differenzia alcune marche da altre, non soltanto il marketing, la pubblicità, le azioni di PR, i loghi, i nomi, e così via: in estrema sintesi, registrano quanto i prodotti di marca stanno facendo e continueranno a fare sul mercato, rispondendo a domande all’apparenza banali che richiedono risposte complesse ed articolate, come ad esempio: perché i clienti preferiscono una marca rispetto all’altra?
Le motivazioni di acquisto sono il risultato di una serie di fattori tra cui la progettazione del prodotto, caratteristiche, qualità e prestazioni, servizio clienti, l’esperienza di acquisto. E, sì, la comunicazione.
(Anche se è molto difficile che qualcuno possa sostenere che la scalata del marchio Apple negli ultimi anni sia sostenuta da qualcosa che non sia l’innovatività dei prodotti…).

Una case-history dagli USA: Obama, the new king of branding


obama_change

Laura Ries, figlia del guru del Positioning Al Ries (buon sangue non mente!), scrive alcune originali note a proposito della campagna che ha portato all’insediamento di Obama alla Casa Bianca, e soprattutto, a mio parere, centra un punto importantissimo ed evidenzia una lezione per le imprese e gli uomini di marketing: il brand, il messaggio e la coerenza contano: anche contro gli avversari più grossi e strutturati, mantenere la concentrazione e la fedeltà al concetto di posizionamento paga.

Tuesday, January 20th 2009 is the dawn of a new era, the first black man will become President of the United States. Barack Obama is not just our new President but a new type of leader, one like we have never seen before. Not only does he understand politics, but he also understands branding. Obama was the consummate underdog. As a candidate, the negatives were stacked against him. He was black, inexperienced and had a strange name. In the Democratic primary, Obama faced Clinton, the most powerful name in politics today. The Clinton machine had money and experience. By all odds, they were almost assured an easy victory and Obama was almost certain to go down in defeat. Of course, that is not what happened. Obama beat the odds and won not just over Hillary Clinton but over the Republicans as well. The lesson is that brand, message and consistency matter. Even against the toughest competitors with the most recognizable names, you too can be a winner if you keep your focus and your cool. Obama beat Clinton the same way that Red Bull beat Coca-Cola in energy drinks. The only candidate with a consistent message throughout the entire campaign was Obama. His word: Change. He hammered that one word over and over again. In every speech, sign and commercial. While others moved this way and that, Obama stayed steady. Winning in politics is not always determined by what you say, but how often you say it. Sure, change happened to be the message that Americans were craving the most. But I would also argue that Obama stoked the fire that ignited the public’s desire for change. People don’t always know what they want until given a choice and offered a brand that represents it. That is why polling isn’t always helpful. Not only will Obama become the leader of the free world today, but he also will become the biggest celebrity pitchman in the world, albeit one that won’t earn him a penny from endorsements.

E anche l’ apparente stranezza (o conferma del suo essere un uomo “normale”) evidenziata dal rifiuto di separarsi dal suo adorato Blackberry ci indica come in effetti un marchio forte (Obama) si avvalga di un altro marchio forte, un’ icona della “Corporate America” (e della gente comune) per rinforzare il proprio posizionamento, “sono in contatto con la gente , con gli strumenti  che la gente usa normalmente, senza filtri, mi avvalgo anche io del passaparola, del consiglio degli amici”

Check out this recent Obama quote: “I’m clinging to my BlackBerry. They’re going to have to pry it out of my hands.” Reminds me of Charlton Heston raising a flintlock over his head at an NRA meeting and challenging his detractors to pry the rifle “from my cold, dead hands.” We live in a celebrity-crazed world. Magazines are filled with photos of what celebrities are wearing, driving and drinking. And many a brand has been built just by having famous people photographed with it. How do you get celebrities to use and love your brand? How can you get Obama or Oprah to give you their endorsements? You can’t buy them. Neither will take money or freebees. You can only get their endorsements by giving them a brand with a meaning that fits with their own brands. Obama’s love of his BlackBerry isn’t just a lucky break for Research In Motion. It is the inevitable result of a brand with a great name that was first in a new category that has exploded in importance. For years, BlackBerry has benefited from fabulous PR and word of mouth. Because of its addictive nature, fans called it the “CrackBerry.” No matter where you are in the world, BlackBerry is the ultimate tool for keeping in touch. As much as Obama’s love of his BlackBerry is good for RIM, Obama is using BlackBerry to make a statement about his own brand. Obama wants to be a new kind of leader. One that stays in touch with people and reality. A leader that is not insulated in a bubble of top advisors and aides. By being seen using a BlackBerry, Obama sends the message that he is not out of touch with real people. In the same vein, Obama used YouTube, text messaging and his website with great success during the campaign. As the ultimate communicator and networker, Obama loving BlackBerry makes sense. When your brand stands for something, you can attract celebrities who want to broadcast that same message to the public. What brands we use says a lot about us. Boxers or briefs, Coke or Pepsi, iPhone or BlackBerry, Budweiser or Heineken. Celebrities understand this even more so than the average consumer. Welcome to the branding era, President Obama.

Aziende, per favore, comunicate!!


“Che cosa ci aspetta nel 2009?” Ho perso il conto di quante volte  mi è stata posta negli ultimi giorni, appoggiata da sospiri, scuotimenti di testa, braccia levate e via tragediando.

Io non ho la palla di vetro, come la maggioranza di tutti noi (magari!) , ma in prima battuta posso facilmente dare una risposta: la tragedia peggiore è, a parer mio, la tendenza dichiarata delle aziende a diminuire le attività di marketing, a favore delle attività maggiormente orientate alle vendite, con l’ obiettivo di minima  “stare a galla”.

Secondo me è giusto , anzi, sacrosanto che le imprese ripensino con attenzione ai budget, valutino gli investimenti nel marketing con il bilancino del farmacista per ridurre dispersioni, è un segnale forte che non si sta sottovalutando la portata della crisi che stiamo attraversando, ma nello stesso momento dovranno focalizzare le attività su segmenti meglio definiti, con azioni commerciali, di comunicazione, di marketing più attente ai contenuti, ai riferimenti sul mercato.

In altre parole, le aziende si sono rese conto che la visibilità fine a se stessa in molti casi non porta benefici evidenti in termini di performance. Ma da qui muoversi in assenza di una strategia coerente con quello che sino ad ora è stato fatto e – soprattutto – raggiunto, a sospendere tutte le attività di marketing, ce ne corre!

Oramai quasi tutti sono d’ accordo che il problema più grande che hanno le aziende…sono due, conseguenti, e cioè 1. trovare clienti e 2. fidelizzarli: non è più un problema di prodotto e paradossalmente per molti mercati neppure di prezzi. E allora perché rinunciare a lavorare nel creare vantaggio competitivo costruendo valore con la comunicazione? Perché fossilizzarsi su una definizione dei target superata (o, peggio, imprecisa)? Perché insistere sui mercati dove sì è operato sino a ieri con mediocri risultati (il paradosso del calabrone è sempre in agguato!)?

Sappiamo che la fiducia dei consumatori si concretizza nella fedeltà, che quest’ultima espande i suoi effetti positivi ad altre tipologie di prodotti che possono essere racchiusi entro la stessa marca (fedeltà alla famiglia di marche): in parole povere, questo si concretizza in maggiore fiducia dei consumatori nei confronti dell’impresa e della sua offerta, e questa offerta deve essere ben chiara e presente per essere accolta. Niente di peggio per una marca di …uscire dallo schermo radar dei consumatori / utenti: se la dimenticheranno, indipendentemente dalla durata del periodo di assenza.

Comunicare costa, ma purtroppo, se i clienti non vedono per un certo periodo di tempo il marchio aziendale, i prodotti/ servizi sulle riviste specializzate, in Internet, agli eventi tradizionali del settore, insomma in tutti quegli spazi che abitualmente vedevano la loro  presenza li daranno per dispersi. Anzi, peggio, se ne dimenticheranno istantaneamente.

Personalmente credo ( e consiglio caldamente ai miei clienti) nella opportunità di creare valore per il prodotto/servizio con la comunicazione integrata ad una implementazione mediante leve di marketing: ciò non toglie che sostenibilità, misurabilità, concretezza e pragmatismo debbano essere  le parole d’ordine per un anno caratterizzato da grande incertezza e forti turbolenze ambientali.